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Biodigestore nell'ex cava, arriva il "no" secco dagli ambientalisti

Italia Nostra, Wwf e Lipu chiedono al sindaco Marino di bloccare la nuova localizzazione dell'impianto

Il nuovo studio affidato ad un professionista dal Comune di Caserta, per la localizzazione del biodigestore (il cui progetto risale ormai al marzo 2018) in località Mastellone a Caserta (area compresa tra Garzano e il comune di Valle di Maddaloni), continua a suscitare non poche polemiche.

Questa volta ad intervenire sulla questione sono le organizzazioni ambientaliste Italia Nostra (sezione "Antonella Franzese", presieduta da Maria Rosaria Iacono), Wwf Caserta (presieduto da Raffaele Lauria) e Lipu Caserta (del delegato Matteo Palmisani), che hanno chiesto all'amministrazione comunale del sindaco Carlo Marino di revocare ogni azione di ricollocazione dell’impianto in assenza di una chiara strategia a livello provinciale, sovra comunale e comunale e di avviare una concertazione attiva con associazioni e semplici cittadini per un l’individuazione di una politica dei rifiuti che tenga conto di tutte le fasi: la riduzione a monte dei rifiuti, l’incentivazione della raccolta differenziata, la costruzione di impianti compatibili e sicuri.

"Già in passato abbiamo espresso forti perplessità sulla scelta di collocare il biodigestore in area urbana, ritenendola incompatibile con un piano strategico ed urbanistico della città, che dovrebbe prevedere zero consumo di suolo e tenere conto dei vincoli di salvaguardia di un patrimonio culturale e paesaggistico, riconosciuto dall’Unesco - sottolineano le organizzazioni ambientaliste - Tutti sappiamo che è necessario che le comunità locali attivino processi virtuosi per la riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti e per il recupero degli stessi, mediante riciclo, reimpiego o reintroduzione nei circuiti produttivi. Tuttavia esprimiamo forte preoccupazione sull’opportunità di realizzare il biodigestore".

Questi i motivi delle preoccupazioni di 'Italia Nostra', Wwf Caserta e Lipu Caserta: "l’assenza di una corretta politica dei rifiuti che incentivi la riduzione degli imballaggi, il riuso, il reimpiego, la promozione della raccolta differenziata (azione preliminare per predisporre una qualsiasi strategia di azioni in tale settore a livello comunale e sovracomunale); la non utilità di un impianto dimensionato per soddisfare le esigenze dell’intera area provinciale, mentre è ormai riconosciuta da tutti l'opportunità di realizzare impianti di dimensioni ridotte al servizio di pochi comuni e non impianti troppo grandi più difficili da gestire in sicurezza; l’evidente impatto del traffico che potrà derivare dalla circolazione giornaliera degli autocarri per il trasporto dei rifiuti non sostenibile dalla rete viaria esistente (via Giulia, via Impastato); l’assenza, già segnalata, in passato, di una valutazione che consideri a livello strategico e urbanistico il rapporto tra costi (anche ambientali e in termini di salute pubblica) e benefici per la collettività, in una città a vocazione turistica; l’assenza di concertazione tra istituzioni e comunità locali per la localizzazione degli impianti di trattamento dei rifiuti, ormai non più accettabile anche alla luce delle recenti e gravissime emergenze sanitarie".

"Essendo l'area prescelta una cava dismessa, il suo riuso deve tener conto non solo delle condizioni idrogeologiche ma anche del contesto naturalistico e paesaggistico di grande pregio delle ultime propaggini dei colli Tifatini, nonostante gli insediamenti preesistenti altamente invasivi, area per cui da decenni i cittadini chiedono la costituzione di un parco urbano", aggiungono infine le organizzazioni ambientaliste. 

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