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Domenica, 28 Aprile 2024
Attualità Casal di Principe

Il testimone dell'omicidio di don Diana in Commissione Antimafia: "Lasciato solo dallo Stato"

Augusto Di Meo è stato ascoltato dall'organismo parlamentare presieduto da Chiara Colosimo

Ha assistito all’omicidio di don Peppe Diana quel 19 marzo del 1994, in chiesa a Casal di Principe. E pure, a distanza di 30 anni, Augusto Di Meo non è mai stato però riconosciuto dalle istituzioni come testimone di giustizia. Ieri è stato ascoltato dalla Commissione Antimafia, lanciando un messaggio duro: “Io lasciato solo dallo Stato”, come riporta l’Ansa.

Nel 1994 non c'era la legge sui testimoni di giustizia, entrata in vigore solo nel 2001, e non ha avuto alcun sostegno economico. L’unico riconoscimento quello di ufficiale al merito della Repubblica Italiana conferitogli dal capo dello Stato Mattarella e da qualche mese di consulente dell'Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo.

"Pensavo che dopo aver denunciato il killer di don Peppe lo Stato sarebbe venuto da me, ed invece sono stato abbandonato al mio destino. Dopo il delitto, per paura e perché minacciato, chiusi il laboratorio di fotografia in cui avevo cinque collaboratori e mi trasferii a Spello (Perugia), e da lì tornavo da solo, a mie spese, nel Casertano, per gli atti di indagine, come il riconoscimento dell'assassino, e per il processo al killer di don Peppe. Quando mi recavo al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, mi definivano 'spione', 'infame'. Vivevo nel terrore, mi sentivo solo, e nessuno mi ha mai dato consigli su come muovermi per aver qualche beneficio”, le sue parole riportate dall’Ansa.

Lla domanda per far riconoscere Di Meo come testimone di giustizia fu presentata in ritardo rispetto ai termini di legge: “A ciò non ci siamo opposti – spiega il legale - perché i termini erano effettivamente trascorsi, ma la cosa grave è che nessun rappresentante dello Stato ha mai dato indicazioni sulla strada da percorrere a Di Meo, che al momento del delitto era un ragazzo impaurito, che sicuramente non pensava ai benefici che poteva avere, ma solo a fare giustizia, cosa che è riuscito ad ottenere. Pensammo così, nel 2017 di percorrere una strada diversa, cioè usare la legge che tutela i familiari delle vittime innocenti di camorra identificando il testimone come vittima indiretta. La prefettura di Caserta, però, su input del ministero dell'Interno, ha chiesto a Di Meo di ricostruire le parentele fino al quarto grado della famiglia di don Peppe Diana, per verificare eventuali legami familiari con esponenti del clan, una richiesta anomala e impossibile da concretizzare, perché c'è una questione di privacy, così ci siamo fermati, e ciò nonostante il dirigente della prefettura avesse incontrato Augusto manifestandogli il suo sostegno, almeno a parole. Peraltro Augusto le sue parentele fino al quarto grado le aveva ricostruite informando la prefettura".

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